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Gianatti Giorgio

Viticoltore


In uno stranamente tiepido pomeriggio di novembre, entriamo nella sala degustazione dell’Azienda Agricola Gianatti Giorgio, situata al primo piano di una delle strette case tipiche della contrada Ca’Paini di Montagna in Valtellina. Già salendo la ripida scala di accesso alla sala notiamo che l’ambiente si riempie di ricordi lontani perché appese sulle nostre teste vediamo delle vecchie ‘culdere’ (pentoloni in rame in cui si lavorava il latte). Entriamo nella sala degustazione e ci accoglie cordialmente Gianatti Giorgio, seduto ad una tavola che profuma di tipicità: salsiccia di cantina, formaggio nostrano e ciò che in una cantina valtellinese non può mai mancare… bicchieri e bottiglie di vino rosso.

Con parole sue...

E’ il titolare stesso a raccontarci come nasce il suo vino:

“Vengo da una famiglia di viticoltori ed ho imparato a seguire al 100% i ritmi della natura nel produrre il mio vino. Seguendo le tradizioni, a seconda delle stagioni ci sono diverse attività da svolgere in vigna ed in cantina, per non parlare poi della fase di vendita del vino.
Non esiste un vero e proprio periodo di riposo in questa attività, anche perché per portare il vino dalla vite alla tavola occorre molto tempo e molto lavoro.
Una volta arrivato in cantina, è il vino che ha bisogno di riposare!... Il periodo di riposo del mio vino inizia con la messa del vino in botti di acciaio (un anno e mezzo per Grumello e San Martino e sei mesi per il Rosso di Valtellina) le quali richiedono almeno tre travasi per mantenere il vino sempre ben pulito. Dopo l’acciaio il vino passa alle botti in legno (Rovere per Grumello e San Martino, Castagno per il Rosso) dove riposa per un altro anno e mezzo e solo dopo questi passaggi il vino viene imbottigliato… ma non ancora venduto per almeno ulteriori sei mesi. Posseggo poche botti in legno per riuscire a mantenerle sempre efficienti e pulite e dal momento che queste hanno anche 30/40 anni rilasciano ancora il loro aroma senza modificare troppo il gusto del vino, che in botti giovani verrebbe sopraffatto dall’eccessivo rilascio di aroma da parte del legno giovane.
E’ proprio l’invecchiamento che dà corposità al vino, tanto che il carattere maggiormente aspro del Rosso di Valtellina deriva proprio dal suo essere relativamente più giovane (solo due anni e mezzo c.a. contro i tre e mezzo delle altre due etichette). Le annate del mio vino che sono ancora in vendita partono dal 2008 e comprendono l’annata del 2009 che a detta di esperti risulta un fiore all’occhiello per la mia cantina.
In termini di tempo, il mio lavoro richiede una media di 1.200 ore ad ettaro di vigna lavorato, passo talmente tanto tempo in vigna che quasi conosco per nome i miei filari essendo io stesso l’unico lavoratore delle mie viti (con l’aiuto saltuario di collaboratori per attività particolari). Da tutto questo lavoro traggo c.a. 14/15 mila litri di vino anno da cui traggo circa 11 000 bottiglie vendibili all’anno.

Quello che ci tengo venga rispecchiato dal mio vino è il rispetto del territorio. Ho fatto da sempre la scelta della tipicità del mio vino, a detta di molti rispecchia a pieno il gusto tradizionale del vino di Valtellina. Non mi piace che il mio vino possa essere simile a quello di molte altre cantine altrimenti la ricerca del gusto come carattere distintivo e tradizionale perde di valore.

Un traguardo che mi piacerebbe raggiungere?
Vendere tutto il mio vino in bottiglia sarebbe già un inizio… imbottigliare ha un costo elevato rispetto al solo produrre uva e riuscire a coprire questo costo sarebbe un traguardo. Inoltre, volendo proprio puntare alto, riuscire a raggiungere con le mie etichette ristoranti ed ambienti importanti sarebbe veramente un successo. Ma stando coi piedi per terra mi sento di aver già raggiunto qualche traguardo perché sono riuscito ad entrare su piazze di grande dimensione come Milano, Bergamo… ed anche gli Usa dove un distributore ha richiesto il mio vino per la vendita a Siattle.”

Per scoprire di più sul lavoro di viticoltore … vedi "Arti e Mestieri".

Curiosità

  • Il miglior formato di bottiglia per assaporare il vino rosso dicono sia il magnum da rosso.
  • Gianatti Giorgio usa 100% uva del suo vitigno per i suoi vini. L’aggiunta di uva diversa da quella locale farebbe perdere il sigillo DOCG e DOC al vino, renderebbe possibile il solo IGT.

Intervista

ItaliaMea - Da dove nasce la passione per la viticoltura?

GG - La mia famiglia ha origini contadine e mio padre Silvio, fin da piccolo, mi portava con sé in vigna. Inizialmente, da ragazzino, non avevo una vera e propria passione per questo lavoro perché la grossa fatica che si faceva per raggiungere la vigna, lavorarla e trarne il vino (al tempo per il solo consumo personale della famiglia), non mi entusiasmava molto e poi, come in ogni famiglia, lavorare con papà comportava avere punti di vista a volte molto differenti.

ItaliaMea - E poi cosa è cambiato?

GG - E’ successo che nel 1980 all’età dei miei 17 anni e tre mesi, mio padre si dovette assentare per alcuni mesi dal lavoro in vigna e quindi mi sono trovato a dovermi arrangiare personalmente. In quel periodo ho dovuto portare avanti il lavoro da solo ed è stato forse grazie a questo che ho preso un po’ più di consapevolezza di cosa potessi fare da grande. In quel periodo, ho raggiunto il mio primo vero obiettivo lavorativo perché sono riuscito a vendere ad un’importante casa vinicola della Valle un grosso quantitativo di vino che mi fu pagato ben 2 milioni e mezzo, che in quei tempi erano davvero molti soldi. Questa per me è stata una vera soddisfazione, tanto che mio padre al suo ritorno mi ha affidato quasi totalmente l’aspetto commerciale dell’Azienda. Ma la vera svolta, anche in termini di passione, è arrivata nel 1983 con la prima etichetta di Grumello a mio nome. E’ stato il nostro primo vino ad essere commercializzato e di lì in avanti anche papà mi ha dato maggiore autonomia. Piano piano quindi, all’aumentare delle soddisfazioni, cresceva anche la passione verso quello che facevo. In fin dei conti vendere solo vino ad altre cantine non mi aveva mai appagato davvero… poca resa per tutta quella fatica … ma arrivare fino a vedere il tuo vino è una soddisfazione unica.

ItaliaMea - Mai avuto la tentazione di mollare e cambiare lavoro?

GG - Diciamo che ci sono stati dei momenti in cui avrei voluto mandare tutto all’aria ma mai per mancanza di passione nel lavoro o per difficoltà legate all’attività, più che altro per la grossa burocrazia che ci circonda. A volte vengono imposte scadenze o obblighi che non hanno nulla a che fare con l’attività e che magari richiedono di rispettare delle scadenze stringenti per dare informazioni per fini che poi in molti casi non portano a nulla. Ma per mancanza di passione assolutamente mai … mi piace questo lavoro.

ItaliaMea - C’è un episodio in particolare che riguarda la vigna o la sua attività che le è rimasto particolarmente impresso?

GG - Mi viene in mente che di recente sono stato a Sondrio ad una mostra in cui erano esposte vecchie foto di un tempo ed in particolare, in una c’era una nonna in vigna vicino ad un bambino piccolo con una grossa ‘gerla’ ( recipiente da spalla per il trasporto dell’uva appena colta) in spalla. In quell’immagine mi sono rivisto perché la mia infanzia è molto spesso legata ad episodi in vigna.

ItaliaMea - Come è cambiato questo lavoro nel tempo? Lo preferisce adesso o in tempi passati?

GG - Io assolutamente preferisco adesso. Si lavora meno per una resa nettamente superiore ( IM – ride). Prima, quando ero più giovane, non ci si faceva mancare nessuna fatica fisica… era pesante anche solo raggiungere le vigne a piedi, magari carichi di materiali ed attrezzi per il lavoro. Adesso, avendo anche la fortuna di poter utilizzare macchinari che aiutano nell’attività è tutto più semplice e veloce. Non tornerei indietro.

ItaliaMea - Ed il periodo della vendemmia? E’ cambiato qualcosa?

GG - Anche in caso preferisco adesso. Partiamo dal presupposto che anche quando c’era mio padre, durante la vendemmia la cosa più importante era sempre e solo portare l’uva a casa il prima possibile… adesso il fine è lo stesso ma forse è un evento più sentito, anche perché condiviso con la famiglia che pian piano si è allargata… ed anche in questa situazione, si fa meno fatica di un tempo nonostante la resa sia aumentata, una volta si riuscivano a raccogliere 30 quintali al giorno mentre oggi sono arrivato anche fino a 100 quintali d’uva a giornata.

ItaliaMea - C’ è qualcosa che nel tempo è cambiato in peggio nella sua attività?

GG - Sicuramente la vendita del vino. Una volta era molto richiesto in zona, adesso, con la possibilità di comprare tutti i vini del mondo e con la ricerca di gusti diversi, c’è meno richiesta locale. Quello che però a volte mi piacerebbe di più è che i vini locali venissero consigliati maggiormente nei ristoranti della stessa Valle… sarebbe bello se fossero i ristoranti stessi ad essere i primi a pubblicizzare il territorio e quindi ad agevolare i produttori locali.

ItaliaMea - Consiglierebbe questa attività ai giovani d’oggi?

GG - Vedo con piacere che la mia attività ed in generale il lavoro agricolo sta riprendendo piede anche tra i giovani ma quello di cui mi rammarico è che a volte vedo gli stessi un po’ troppo sicuri fin da subito. Non è assolutamente una critica ma ho provato sulla mia pelle che la passione e la dedizione devono venire prima della sicurezza anche perché non si può prescindere dal ricordare che nel nostro lavoro è la natura che comanda e se si va in crisi alla prima grandinata, dove tutte le nostre sicurezze vacillano… forse c’è qualcosa che non va nell’impostazione del lavoro. I ragazzi di oggi hanno una gran fortuna perché partono già con conoscenze molto più elevate rispetto ad un tempo. Spesso escono da studi nel settore o comunque conoscono tutte le nuove tecnologie ed i canali commerciali che possono essere utili soprattutto nella fase della vendita ma se posso dare un consiglio sfrutterei tutte le conoscenze che hanno anche per tornare a riscoprire le origini perché la terra va conosciuta da vicino e non dà sempre certezza. Riconoscere e accettare gli imprevisti della natura è la prima regola in questo lavoro.

ItaliaMea - In quali momenti si sente fiero/orgoglioso della sua attività?

GG - Quando il mio vino viene assaporato e piace anche a persone molto competenti del settore. In particolare per esempio, il mio Grumello del 2009, che è particolarmente apprezzato in generale, ha vinto il premio degustazione dei sommellier in un’importante manifestazione tenutasi a in Valle…. e si sa, i sommellier sono gente pignola, che se ne intende (IM – ride). Poi ho vinto anche altri premi, ad esempio tre “Ciapel d’Oro” (IM - premio annuale al miglior vino partecipante della Valle). Di recente, un giornalista di una testata nazionale, dopo aver degustato il mio vino mi ha anche proposto di organizzare una serata di degustazione verticale di 20 annate in un grande capoluogo lombardo, in più ho raggiunto col mio vino anche piazze commerciali importanti come Vinitaly. Queste sono soddisfazioni perché vanno oltre il mero gusto personale, sono riconoscimenti da parte di persone esperte del settore.

ItaliaMea - Cosa le piace dell’essere italiano e del fare vino in Italia?

GG - Sono fiero di essere italiano perché in Italia abbiamo ottimi vini e soprattutto la cultura del vino… in Piemonte ad esempio sono dei maestri. Anche in Francia hanno ottimo vino ma soprattutto sono più abili nel venderlo perché lo associano sempre a qualcosa di artistico o di diverso da vedere… e questo aiuta nella vendita. In Italia ci teniamo a vendere il nostro vino soprattutto perché è buono.

ItaliaMea - Cosa pensa di ItaliaMea?

GG - Credo che l’idea di riunire diverse piccole realtà possa essere un grosso valore aggiunto per “fare territorio”, il marchio ItaliaMea stesso può essere un grande valore aggiunto per la presentazione delle nostre aziende ed attività.